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Elezioni presidenziali, i due volti della Francia: Macron e Le Pen a confronto

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FRANCIA – A quasi una settimana dal primo turno di ballottaggio, previsto per le elezioni presidenziali francesi il 24 aprile, la sfida tra il presidente uscente Emmanuel Macron e Marine Le Pen sembra più accesa che mai.

Il futuro di Parigi e dell’Europa intera, Italia compresa, potrebbe variare radicalmente a seguito della vittoria dell’uno o l’altro leader. In un periodo storico così complesso i francesi saranno dunque chiamati ad una decisione che non riguarderà solo la loro politica interna, ma il complesso assetto geopolitico mondiale.

Analizziamo dunque con maggiore attenzione quanto accade nel paese d’Oltralpe. La Repubblica francese è governata secondo gli schemi della forma di governo semipresidenziale. A partire dalla presidenza de Gaulle, il presidente assunse un ruolo ben più rilevante di quello attribuitogli dalla carta costituzionale. In particolare, quando la maggioranza presidenziale e quella dell’Assemblea nazionale (unica camera verso la quale l’esecutivo è responsabile) coincidono, egli assume, di fatto, il ruolo di vera e propria guida del governo e il primo ministro si trasforma nel suo principale collaboratore. Si tratta di una figura di estremo potere, non dissimilare da quella di un monarca.

Durante le prossime elezioni si assisterà allo scontro tra due Francia antitetiche, quella intesa dal social-liberale Emmanuel Macron e quella intesa dalla conservatrice Marine Le Pen.

Macron incarna alla perfezione il presidente monarchico e le velleità proprie della Francia che ha sempre inteso sovradimensionarsi. Simboliche sono le sue dichiarazioni più volte ripetute nelle quali esprime come i francesi non abbiano voluto in realtà la morte del Re. Egli è perfetta personificazione di una Francia imperialista o post-imperialista, in cui l’Europa rappresenta la piattaforma su cui ergersi. Non per nulla, spesse volte lo stesso presidente parla con il “noi”, in riferimento all’Europa, piuttosto che ad un plurale che abbia come soggetti solo i cittadini francesi.

Nella politica macroniana non vi è alcuna separazione tra Francia ed Europa e la francofonia viene intesa ancora come un’arma di influenza planetaria. Macron rappresenta a pieno titolo il perfetto presidente francese con i suoi tratti filosofeggianti ed altri estremamente strategici volti sempre ad una considerazione della Francia più larga di quella reale. Esempio della sua esuberanza è la previsione, entro 2070, di raggiungere come potenza atomica la Russia.

Uno dei caposaldi della politica interna del presidente si esplica con riguardo alla II e III generazione di immigrati. Vede infatti in quest’ultimi la possibilità di eguagliare (o addirittura superare) per popolazione la Germania entro il 2050. Nondimeno, Macron considera necessaria non unicamente una integrazione, ma una “assimilazione” degli stranieri. Con tale espressione il presidente vuole intendere l’annientamento di qualsiasi alterità e l’istituzione di un “Imam repubblicano” che possa avvicinare le ideologie di paesi differenti secondo un preciso codice repubblicano.

Diversa è invece la posizione della conservatrice Marine Le Pen. Trattasi di una visione estremamente nazionalista di tipo post-fascista che non vede di buon occhio le politiche di inclusione. Può, in un qualche senso, essere equiparata alla estrema destra italiana. Durante la campagna elettorale è stata più volte bollata come amica di Vladimir Putin, tuttavia, forse nel quadro di un tentativo di slegarsi da tali critiche, ha rinnegato tale vicinanza addirittura mostrando una certa apertura nei confronti degli immigrati ucraini.

E’ necessario chiarire tuttavia che mentre in un primo momento della campagna elettorale i temi interazionali sembravano essere analizzati dagli elettori, nelle ultime settimane in cui i francesi hanno assistito ad un rapido aumento delle tasse e ad una decrescita del loro potere di acquisto, i temi interni stanno dominando il dibattito politico. Proprio su questi ultimi Le Pen manterrebbe il polso della situazione, mentre Macron sarebbe di certo il preferito in un’analisi delle relazioni diplomatiche che hanno visto negli ultimi tempi portare non pochi benefici al Paese.

Oltre a tali temi, sono ancora molteplici le questioni cui fare riferimento quando si parla delle variabili che segneranno la vittoria del futuro presidente. Un primo fattore potrebbe riguardare l’astensionismo. Nella prima tornata almeno un francese su quattro non si è recato alle urne per una percentuale complessiva di astenuti pari al 26%. Il dato potrebbe aggravarsi con l’arrivo del secondo turno di votazioni soprattutto in riferimento ai giovani che hanno votato per la maggior parte Melechon. Nonostante la chiara volontà di quest’ultimo di traghettare i suoi voti verso la conservatrice Marine Le Pen si stima che solo un terzo dei suoi elettori potrebbe votare per la leader di destra.

Non sono da sottovalutare tuttavia anche le ripercussioni internazionali che seguiranno l’elezione del futuro presidente. Mentre abbiamo già assistito alla gestione di Macron delle cariche istituzionali, permane un dubbio sulle intenzioni di Le Pen. Per quanto quest’ultima abbia fatto dei passi indietro sull’uscita dall’Euro, dall’Europa e sulla sua vicinanza al premier russo non è ben chiaro quali potrebbero essere le sue mosse una volta eletta.

Per quanto riguarda l’Italia non poche sarebbero le difficoltà con un governo presieduto da Le Pen, ed in più con un premier quale Scholz alla guida della Germania. Molto dipenderà certamente dal futuro governo italiano eletto, ma possiamo affermare con una certa sicurezza che non poche potrebbero essere le complessità per Draghi su tematiche quali, ad esempio, il patto di stabilità e crescita.

Ciò che è ovvio è che i francesi saranno chiamati a scegliere tra due Francia diametralmente opposte. La domanda dunque è: quale di queste sceglieranno?

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Rafah, nuovo raid di Israele: almeno 40 morti

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E’ di 40 vittime il bilancio dell’attacco israeliano alla tendopoli a Rafah, nell’area di Tal as-Sultan.
La maggior parte dei morti sono donne e bambini, di cui molti arsi vivi, come riportato dall’agenzia di stampa Wafa. I feriti, una decina, sono stati portati all’ospedale più vicino in zona, ma la struttura ospedaliera è al collasso.
L’esercito israeliano, intanto, fa sapere che nel raid sono morti anche due esponenti di Hamas. Si tratterebbe di Yassin Rabia, comandante della leadership di Hamas in Cisgiordania, e Khaled Nagar, un alto esponente della fazione sempre in Cisgiordania.
L’ala in Cisgiordania di Hamas “è responsabile della pianificazione, del finanziamento e della realizzazione di attacchi terroristici in tutta la Giudea e Samaria e all’interno di Israele”, afferma l’Idf.

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La Corte dell’Aja ordina a Israele di fermare l’offensiva a Rafah

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La Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja ha ordinato a Israele di fermare l’offensiva militare a Rafah, su delibera a seguito della richiesta del Sudafrica.

L’ordine dell’Aja impartito ad Israele è quello di aprire il valico di frontiera di Rafah per l’assistenza umanitaria.
La Corte internazionale ha anche affermato che, per preservare le prove, Israele deve adottare misure per garantire l’accesso senza ostacoli alla Striscia di Gaza agli inquirenti. Inoltre, Israele dovrà presentare un rapporto sulle misure adottate entro un mese.

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Orban: “Europa prossima all’ingresso in guerra in Ucraina”

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Il Primo Ministro ungherese, Viktor Orban, ha dichiarato che a Bruxelles sono in corso i preparativi da parte dei gruppi di lavoro su come la Nato possa partecipare alla guerra Russia-Ucraina.

“Ciò che sta accadendo oggi a Bruxelles e Washington, o attualmente più a Bruxelles, sta creando l’atmosfera per un eventuale conflitto militare, che potremmo anche descrivere come una preparazione all’entrata in guerra dell’Europa”, ha affermato Orban, su citazione dall’agenzia ungherese Mti.

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